Un mio vecchio articolo (2007) pubblicato su Shannon.it
Unici due requisiti sono la durata del supporto e la comune “alfabetizzazione”, ovvero la capacità di discernere tali informazioni e la capacità del supporto di mantenere inalterate nel tempo le informazioni
Alcuni di tali volenterosi erano illetterati e copiavano pedissequamente quei segni, senza comprenderli ma con la certezza che un giorno altri avrebbero saputo leggere le ricette mediche vergate da Esculapio o la parola del dio in cui credevano.
Fra 5 o 6 anni non ci sarà più nessuno in grado di leggere le informazioni contenute su un floppy.
L’utilizzo di sistemi proprietari e la non interoperabilità tra i vari supporti ed i vari produttori rende ancora più arduo questo passaggio (la mia enciclopedia grolier su cd-i è ormai illeggibile, il formato non esiste più e non trovo emulatori… le canzoni che avevo scritto e salvato sui floppy del mio atari st idem…)
Perdute in maniera irrimediabile.
Non ne esistono copie e le registrazioni magnetiche fatte su filo di ferro si sono smagnetizzate.
Solo chi condivide e quindi continua a salvare su supporti diversi e multipli tali opere consente alla civiltà umana di potere avere accesso all’arte ed alla cultura contemporanea
Il filesharer si configura quindi come una sorta di neo-amanuense, egli lo fa su base volontaria, a proprie spese, bypassando se del caso i limiti imposti da lucchetti di tipo DRM.
Al filesharer va dunque riconosciuto il merito di essere la memoria viva della nostra civiltà .
Ecco perchè pretendo che ad esso venga riconosciuto quel valore di custode del sapere.
Ecco perchè in una qualsiasi civiltà consapevole di se stessa il filesharer non solo non dovrebbe essere punito, ma onorato e supportato.
Anche economicamente.
Il Maharashtra (marathi: महाराष्ट्र) è uno Stato dell'India centro-occidentale; Mumbay, la capitale e' una citta' ricca, la piu' grande dell'India, con attivita' produttive, cinema (Bollywood) ed eccellenze tecnologiche.
Pabal invece, e' un piccolo borgo rurale, di circa 10.000 abitanti, lontano dai fasti e dalle ricchezze della capitale.
A Pabal Mukesh Bhavsar, un ingegnere civile, ha fondato un Ashram: una scuola.
Mukesh Bhavsar pero' non insegna ai suoi allievi come superare la ruota delle reincarnazioni o come meditare.
Insegna a fare. Il Viygan Ashram e' una Fablab rurale, nata nel 1983 come scuola di Tecnologie Agricole di Base, ha incrociato nel 2002 i propri destini con il MIT, diventando cosi' la prima Fablab Indiana e del mondo
Neil Gershenfield ha formato qui la prima Fablab al di fuori del MIT, e la stampa 3d e' diventata una realta' al di fuori del mondo accademico.
Oggi a Pabal si insegnano cose che nei nostri istituti tecnici o nelle nostre scuole rurali sono pura fantascienza.
Ingegneria di base, risorse energetiche ed ambientali, tecniche agricole, come costrursi case, medicina, come assemblare computers, come costrursi pannelli solari.
Confrontate i loro programmi didattici con un programma di studio di un qualsiasi Istituto Tecnico italiano o con una qualsiasi delle scuole medie che sono disseminate nel nostro Paese, nei borghi agricoli di cui siamo ricchi...
Io credo che valga la pena studiare l'esperienza indiana ed importarla da noi, perche' fare Fablab deve diventare sempre di piu un modo pratico per educarci ed educare a superare non solo i problemi legati alla crisi economica in atto (e che purtroppo, non e' certo ancora finita. anzi...) ma per superare anche i problemi cinnessi alla crisi ambientale ed ecologica che ci trova impreparati, ancora legati a concetti e sistemi educativi obsoleti, del secolo scorso.
Nel XXI secolo tutto cambiera'. E nonostante la sbronza da makers che ci sta esaltando, noi non siamo ancora pronti.
In Italia abbiamo progetti di eccellenza come il Wasp, ed abbiamo ancora (ma per quanto ancora?) le risorse per ricollocare questa eccellenza su tutto il nostro territorio, al di fuori delle metropoli e delle citta'.
Le Fablab rurali sono una strada da percorrere. Chi aprira' la prima in un borgo dell'Appennino?
Apprezzato autore di fumetti e non solo, Daniele Caluri ha scambiato quattro chiacchiere con Claudio Brovelli sui vantaggi e i problemi del proprio lavoro nell'Era Internet
Claudio Brovelli ha intervistato Daniele Caluri, disegnatore tra le altre cose del perfido Don Zauker, una intervista che parla di creatività e di diritto d'autore, un testo che Punto Informatico pubblica integralmente qui di seguito.
Claudio Brovelli: Allora Daniele, il nostro "incontro" è dovuto ad un commento che ho lasciato nel tuo blog: avevo notato una somiglianza tra Don Zauker ed un personaggio minore comparso sulle tavole di altri autori e tu, subito e con molta cortesia mi hai risposto chiarendo che questi autori tu li hai amati.
Daniele Caluri: Guarda, giusto perché l'intervista prende le mosse da questo fatto, e visto anche che non sei l'unico ad aver notato questo particolare, cerco di fare chiarezza prima di tutto.
Abuli e Bernet, rispettivamente sceneggiatore e disegnatore del fumetto Torpedo, sono tra i miei autori preferiti, se non addirittura I preferiti. Sorvolo sulle ragioni, le contingenze, le affinità elettive e tutto il resto per non farla pallosa; fatto sta che Torpedo coincide perfettamente con ciò che considero fumetto e non solo, e rappresenta uno dei capitoli principali della mia formazione professionale.
Da sempre ammiratore del tratto e del disegno della cosiddetta Scuola Argentina, ho cercato e sto tuttora cercando di trovare una mia sintesi partendo da quel modello.
Quando demmo vita a Don Zauker, io ed Emiliano Pagani buttammo giù alcune idee su come dovesse essere caratterizzato il personaggio: dato il taglio, doveva essere aguzzo, luciferino, scolpito nel granito; bozze frontali sporgenti, sopracciglia nere e folte, capelli bianchi, naso adunco, guance scavate e grinzose. Il primo risultato (verificabile negli episodi 1-5) era più un misto fra la versione spregevole del Giulio Cesare di Uderzo e l'agente Graves di 100 bullets, di Azzarello e Risso.
Tutto ciò accade non intenzionalmente, ma per una concomitanza di stili. Se magari avessi prediletto lo stile franco-belga, la cosiddetta ligne claire, forse Don Zauker avrebbe ricordato chessò, un vecchio John Difool, con i dovuti paragoni fra me e quel mostro inarrivabile che è Moebius.Questo per dire che la somiglianza con padre Muster, il personaggio che effettivamente somiglia a Don Zauker, è non intenzionale, nel modo più assoluto; e d'altra parte - come noti tu stesso sul commento - trattasi solo di un personaggio che agisce nell'arco di poche vignette e poi muore.
Semmai, intenzionale dal quarto-quinto episodio in poi, è la somiglianza con Torpedo stesso: se lo invecchi d'una quarantina d'anni, gl'infoltisci le sopracciglia e gl'imbianchi i capelli, otterrai Don Zauker. E il bello sai qual è? Che sia Abuli che Bernet conoscono il mio esorcista, e gli è pure piaciuto! Non solo: Bernet in persona mi ha disegnato con dedica un piccolo Torpedo su un albo di Don Zauker.
CB: Per cui partiamo con la prima domanda: Quanto è importante per una persona creativa la possibilità farsi ispirare da altre opere creative?
DC: È una domanda posta male. Primo per quanto riguarda il concetto di ispirazione, che prende le mosse dallo Sturm und Drang, si sviluppa lungo il romanticismo ed è storicamente superato.
La creatività , che si esprime attraverso un linguaggio grafico, letterario, cinematografico e via dicendo, è invece un flusso continuo di esperienze in cui s'inseriscono gli autori: i precedenti influenzano i successivi, i quali a loro volta svilupperanno una propria chiave d'espressione che, proporzionalmente alla sua efficacia, influenzerà parte di quelli che verranno dopo ancora.
È una costante di tutta la storia dell'arte, e molto più prosaicamente il meccanismo è lo stesso per i mezzi di espressione e comunicazione moderni; per rimanere in tema, lo stesso Bernet parte dalle premesse di autori come Milton Caniff.
O, per estremizzare, che mi dici di Marcel Duchamp e dei suoi baffi alla Gioconda?
CB: Quali sono le ascendenze di Luana o di Fava di Lesso?
DC: Ripeto, non parto mai con somiglianze intenzionali perché lo trovo limitativo. Nel momento in cui dò corpo a un mio personaggio ho il solo interesse di far aderire quello che ho in testa con quello che realizza la mano. In realtà attingo da un campionario di tratti somatici che ho in mente, che ho osservato nelle persone incontrate negli anni e che di volta in volta mi hanno suscitato ilarità , sgomento, paura, rigore, severità , bontà e tutti gli altri moti dell'animo umano.
A quel punto può venir fuori qualcosa che per ovvie ragioni può richiamare qualcos'altro, e a quel punto sta a me calcare la mano o allontanarmene. Nel caso di Fava di Lesso, dopo i primi episodi mi accorsi che assomigliava ad un mio amico di Pisa (sic), e lì ho davvero calcato la mano. È uguale!
Per Luana e Maicol, invece, non ho riferimenti.
CB: Ultimamente le majors si stanno "accanendo" contro la diffusione di contenuti coperti da diritto d'autore "totale".
Sostengono di ricevere delle perdite enormi, ma non si capisce bene su quali basi, addirittura in Germania tali pressioni hanno fatto stabilire che Google viola i diritti anche con il semplice utilizzo di Google Images, eppure molti autori sono contrari alla blindatura totale dei diritti e sostengono che la libera diffusione della riproduzione della loro opera sia, anzi, un bene. Tu che ne pensi?
DC: Che non è altro che lo sviluppo delle teorie di Walter Benjamin nel suo "L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica". E vale anche per ciò che non è opera d'arte. In realtà anche al tempo dell'analogico era la stessa cosa: i vinili si potevano registrare su musicassetta e i libri si potevano fotocopiare. Non per questo i gruppi musicali e gli scrittori che valessero qualcosa sono andati in rovina.
Per quanto mi riguarda, quando ho saputo che molti dei miei fumetti erano scaricabili su eMule, sono stato contento. Ciò ha generato curiosità , affetto, e molti dei downloaders hanno poi acquistato gli albi. Il collettivo Wu Ming agisce intenzionalmente in questa direzione. E poi, un fumetto scaricato non ha l'inebriante odore d'inchiostro...:-)
CB: Credi che sia possibile per un creativo vivere delle proprie opere senza blindarle con licenze d'uso tanto restrittive come le attuali? In sintesi, l'autore (o il suo editore) che non si riserva TUTTI i diritti è destinato a finire sotto un ponte povero e derubato?
DC: Ecco, hai centrato il punto. È chiaro che il prodotto d'ingegno deve portare un guadagno all'autore, altrimenti l'autore smette di farlo e per pagarsi il pane si dedica alla panificazione, alla carpenteria, alle missioni di pace con l'UZI, all'uncinetto, a qualcos'altro. Ma da lì a bloccare un'opera per 70 anni (è esatto?), coinvolgendo spesso anche gli eredi, e nell'ottica di alimentare un leviatano onnivoro come la SIAE ce ne passa.
Il problema sono la tutela e il compenso del lavoro d'ingegno, in Italia davvero scarsi.
Ma il tema è gigantesco e in così poco spazio si banalizza troppo; resta inteso che si potrebbe aprire un bel dibattito, ipotizzando chessò, forme a scaglioni, per cui oltrepassando tetti prestabiliti di compenso percepito si passa al regime Creative Commons. Ma si entra nel campo dell'utopia, credo.
CB: Tu sei un disegnatore, che licenze usi?
DC: Dipende dal tipo di contratto che mi viene proposto, quindi difficilmente le decido io. Quando invece sono l'editore, oltre che l'autore, adotto il copyleft.
Come nell'esempio del sito di satira donzauker.it, che curo personalmente insieme ad Emiliano Pagani.
CB: Sappiamo che la libertà di licenza (da MIT a CC) è possibile e consente degli introiti nel mondo del software (GNU/Linux) ed in quello musicale (Jammendo). Credi sia possibile applicare lo stesso modello di licenza anche a fumetti o a sceneggiature?
DC: Boh, in questo sono parecchio ignorante, e non ho elementi sufficienti per stabilirlo. Anzi, se ti va dammi un paio di consigli!
CB: Tutta questa voglia di controllo sulla rete è necessaria secondo te effettivamente per tutelare i diritti intellettuali rubati e la sensibilità dei fanciulli o nasconde l'ansia che un strumento cosi duttile come internet provoca nel bisogno di sicurezza e ordine che ormai stagna nelle vecchie menti di governanti e multinazionali?
DC: Ah, che invito a nozze.
Internet è l'anarchia. È ancora il Far West, è la tecnologia che non si può più arrestare e che si ritorce contro le istituzioni perché progredisce più velocemente di loro. Faranno di tutto per imbrigliarlo, senza capire che così potranno solo creare danni e disordini. Come in ogni epoca di grandi cambiamenti. Alla fine del '700 sulla ghigliottina cadde la testa di Maria Antonietta. Un giorno magari toccherà alla Warner.
CB: Nuove concezioni del diritto d'autore, banche che saltano come tappi di champagne, petrolio alle stelle ed in via di esaurimento, nuove forme di famiglia e sessualità atipiche, siamo finalmente all'apocalisse? Ci si leverà di culo tutti, ce li leveremo di culo noi, o saran loro a levarsi noi dal culo?
DC: La risposta più coerente è: SO UNA SEGA. Però è divertente ed eccitante vivere un'era di passaggio, no? Possiamo solo guardarci indietro (e non solo per proteggerci il culo) per cercare di non ripetere gli errori del passato. Lo faremo noi, lo faranno loro, lo faranno tutti. Basta oltrepassare uno scoglio per molti insormontabile: ricominciare a ragionare col proprio cervello.
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